Un altro giro (Druk)

Un Altro GiroNel 1995 i due registi danesi Thomas Vinterberg e Lars von Trier codificarono le dieci regole d’oro per una cinematografia purista che si contrapponesse alla moda, tutta americana, di infarcire i film con effetti speciali, sparatorie ed esplosioni. Dopo un quarto di secolo il decalogo del cosiddetto DOGMA 95 è stato ammorbidito ma non cancellato del tutto. Anche nel suo ultimo film UN ALTRO GIRO (Druk), Thomas Vinterberg ha continuato a rispettare scrupolosamente alcune di quelle disposizioni ‘talebane’ atte a mantenere il cinema sui binari di un rigido e crudo verismo.

Punto primo: l’uso, quasi esclusivo, della cosiddetta “camera a mano” segue e accompagna il percorso, tutto alcolico, dei quattro protagonisti verso la ricerca di nuovi stimoli che diano un rinnovato impulso al piattume della loro vita da quarantenni pigri e annoiati.

Punto secondo: l’uso delle luci sempre naturali connota il film con una fotografia che non ha nulla di artificioso. Anche le molte scene serali in interni incorniciano i volti degli interpreti con giochi di penombre che rendono partecipe l’occhio dello spettatore come se ‘chi guarda’ fosse fisicamente in compagnia di chi ‘è guardato’.

Punto terzo: l’uso della colonna sonora è limitato ai momenti in cui essa sia effettivamente necessaria per lo svolgimento dell’azione, lasciando ai dialoghi la funzione di riempimento delle scene e accentuando l’importanza dell’espressività facciale degli ispiratissimi quattro interpreti principali.

Martin (un formidabile Mads Mikkelsen) insegna Storia, Tommy (Thomas Bo Larsen) Educazione Fisica, Peter (Lars Ranthe) Musica e Nikolaj (Magnus Millang) Psicologia; tutti nello stesso liceo. Oltre che colleghi, i quattro sono anche amici ed è in una delle cene tra di loro che Nikolaj enuncia una teoria dello psichiatra danese Finn Skårderud secondo cui servirebbe un costante tasso alcolico nelle vene di 0,5% per migliorare l’umore e le prestazioni anche lavorative delle persone. La teoria pare subito molto accattivante e arriva ad attrarre anche Martin il quale è dapprima recalcitrante per poi diventarne super entusiasta. Il problema è solo uno: occorre non farsi prendere troppo la mano (cosa non facile). Durante la presentazione del film, il regista dipinse la storia come un inno alla vita e non come una lode all’alcolismo ma sapeva benissimo di enunciare una mezza verità. Non vengono nascosti i potenziali e letali danni che una tale condotta può causare alla vita umana e professionale di ognuno ma resta sempre un costante, ironico e provocatorio tentativo di giustificare l’elevato grado di alcolismo che pervade soprattutto il nord-europa. Senza addentrarci nel merito etico/morale (che non ci compete), dobbiamo dare atto a Vinterberg di avere sollevato una questione delicata e controversa con un’analisi quasi sociologica che travalica l’aspetto meramente cinematografico. Ogni fase della vita umana porta con sé un carico di prove da affrontare e superare; la crisi di mezza età non è da meno. Se l’entusiasmo giovanile lascia posto alla noia, allora il rifugio sicuro a cui appoggiarsi può essere trovato in novi modi anche fuori dall’ordinario e Vinterberg ce ne presenta un tipico esempio. Le prove magistrali dei quattro attori co-protagonisti contribuiscono in maniera ancora maggiore alla buona riuscita di tutto il film che ha subito un travagliato iter per la sua presentazione e uscita. Era previsto, infatti, che debuttasse al Festival di Cannes del 2020 ma la pandemia ha sparigliato le carte. Venne presentato alla Festa del cinema di Roma, lo scorso autunno, ed è meritatamente in lizza per i prossimi premi Oscar (che verranno assegnati il 25 Aprile 2021) in due categorie tra le più prestigiose: Miglior Regia e Miglior Film Internazionale. E’ quasi paradossale che il regista co-fondatore del movimento contrapposto all’eccessiva spettacolarizzazione filmica sia chiamato nel tempio di Hollywood anche se, per la verità, la “Academy” non punta (almeno, non sempre) a celebrare il mero intrattenimento, bensì lo spirito artistico/autoriale in senso stretto. Sarà ancora vero?

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