La doppia vita di Madeleine Collins – un film di Antoine Barraud

Madeleine Collins
La doppia vita di Madeleine Collins è un thriller di Antoine Barraud con Virginie Efira, Jacqueline Bisset, Quim Gutiérrez e Bruno Salomone.

A volte può accadere di scrivere la recensione di un film senza poterne descrivere la trama, o meglio, senza poter affondare troppo il coltello nella piaga. Qualsiasi parola di troppo potrebbe rovinare la sorpresa e svelare in un colpo solo tutto ciò che il film scopre con estrema calma.

Il prologo ci presenta una donna intenta a scegliere un vestito da acquistare in una boutique di lusso nella Svizzera francofona. Nel camerino di prova accusa un malore e le addette alla vendita chiamano aiuto per poterle prestare la dovuta assistenza medico-sanitaria. Poi la scena cambia e il film ci catapulta in un parco pubblico dove un’altra donna è in serena compagnia di una bimba. Mamma e figlia si recano poi dal padre che le aspetta a casa. Tutto qui? Ovviamente no, ma dovete accontentarvi di questi pochi e semplici dettagli. Il regista francese Antoine Barraud ricorre agli espedienti narrativi già utilizzati da Alfred Hitchcock e disvela a piccoli passi i misteri e gli intrecci di avvenimenti che appaiono inconciliabili, in un primo momento, per poi scoprirsi come intimamente connessi. Che sia chiaro: non è nostra intenzione mettere in parallelo Madeleine Collins con i capolavori del “Maestro del brivido” perché il confronto sarebbe impari. In questa occasione il mistero viene svelato, anche se non completamente, senza un’adeguata spinta emotiva. Antoine Barraud sceglie una strada piuttosto impervia per dipanare la vicenda; non utilizza atmosfere gotiche né musiche particolarmente incalzanti o invadenti per catturare l’attenzione ma punta solo sull’intensità della recitazione e sulla sceneggiatura. Un atteggiamento artistico audace e coraggioso (da applaudire) eppure non adeguatamente supportato dalle recitazioni degli interpreti. L’unica forza che ci spinge ad arrivare alla fine è la curiosità di sapere come e perché tutto accada in questo modo. È assolutamente interessante l’uso della particolare tecnica narrativa ma non del tutto soddisfacente la sua messa in atto. Se da un lato è apprezzabile anche il tocco di concetti cari al genere thriller come l’idea del doppio e della bugia, dall’altro è discutibile la sua applicazione pratica. Se la storia fosse stata ambientata in epoche (anche molto recenti) in cui non era ancora diffuso l’uso del moderno smartphone allora tutto poteva risultare più credibile e accattivante. L’avere attualizzato l’intera vicenda ingabbia il film rendendolo spesso implausibile.

Luci e ombre convivono sia nel racconto sia nel nostro giudizio finale. Un particolare meritorio che ci convince in maniera piena è la scelta di non cadere in uno “spiegone” finale ma, al contrario, di unire tutti i punti dello schema pur lasciando un buon margine alla libera interpretazione di chi abbia seguito il film. Come un corpo umano dallo scheletro robusto ma senza l’opportuno supporto di vigorosi tendini e muscoli, anche Madeleine Collins appare come un film dalla struttura potente ma senza l’appoggio di un’adeguata “messa a terra”.

Presentato in anteprima al Rendez-vous, Festival del nuovo cinema francese dopo essere già passato dalle Giornate degli Autori veneziane, Madeleine Collins è arrivato nei cinema italiani grazie a Movies Inspired.

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