Un mondo perfetto (A perfect world) di Clint Eastwood con Clint Eastwood, Kevin Costner, Laura Dern. Siamo nel pieno degli anni sessanta e l’evaso Butch Haynes rapisce Phillip, un bambino di otto anni, iniziando con lui una fuga verso l’Alaska. Durante il percorso si instaurerà un rapporto molto stretto tra i due. Per certi versi il ragazzino proverà emozioni e troverà un affetto (sui generis) che la madre gli aveva negato. Il texas ranger Red Garnett (Eastwood) è sulle loro tracce e li braccherà con determinazione. La particolarità della storia è racchiusa tutta nella relazione tra il delinquente e il ragazzino; un percorso sia stradale sia umano dai risvolti anomali e curiosamente interessanti. Butch è stato costretto a crescere in fretta, dopo una breve infanzia trascorsa nel bordello in cui la madre “lavorava” e senza quasi conoscere il padre. Quindi un omicidio e poi il carcere e l’evasione. Durante la fuga, insieme al piccolo Phillip, si imbatterà in famiglie comuni nelle quali il rapporto genitori-figli è paradossalmente ben peggiore di quello instaurato tra loro due. In un thriller d’autore che si distacca da tutti cliché trova posto una feroce critica alla società statunitense in cui il mondo che sembra perfetto si dimostra essere peggiore anche di ciò che non ci si aspetterebbe. Un capovolgimento di fronte che si riscontra anche nei due protagonisti. Rapitore e piccolo rapito condividono frustrazioni familiari e si ritrovano in sintonia arrivando a definirsi “amici” alla fine del loro viaggio. Una fine del viaggio sottolineata dalla stessa sequenza di apertura del film. Medesime immagini che sottolineano, però, opposte situazioni. Anche in questo caso, come in tutto il film, si gioca col ribaltamento delle suggestioni. Tutto potete aspettarvi dalla storia raccontata eccetto che banalità. Ogni dettaglio merita di essere ripercorso e analizzato per poter apprezzare meglio ciò che, a prima vista, potrebbe sfuggire.
Non sono un uomo buono. Non sono nemmeno il peggiore. Sono di una razza a parte.