Le Nevi del Kilimangiaro (Les neiges du Kilimandjaro) di Robert Guédiguian uscì il 2 dicembre 2011 ed incassò in Italia poco meno di 300.000,00 euro. Gli interpreti sono Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Maryline Canto, Grégoire Leprince-Ringuet, Anaïs Demoustier, Adrien Jolivet. Michel e Raoul sono cognati ed amici da più di trent’anni. Lavorano entrambi al porto di Marsiglia. Il film si apre con il sorteggio per scegliere i venti operai che devono essere licenziati a causa di un doloroso taglio al personale. Anche se Michel, in quanto delegato sindacale, avrebbe avuto il diritto ad essere tolto dalla lista dei licenziabili, sceglie ugualmente di rinunciare al suo privilegio. Insieme ai venti malcapitati lavoratori uscirà proprio anche il suo nome. Al contrario di quanto ci si aspetterebbe, Michel non si fa prendere dallo sconforto ed affronta con spirito sereno il licenziamento. Alle spalle ha una solida famiglia legata da buoni sentimenti e da una serenità sorprendente; è sposato da trent’anni, con figli e nipoti uniti da un profondo affetto e con amicizie solide. Tutto scorre tranquillo fino a quando una rapina a mano armata colpisce la famiglia di Michel togliendogli non solo i soldi ma anche una parte di serenità. Poco dopo aver sporto denuncia alle forze dell’ordine, Michel scopre, in modo fortuito, che uno dei componenti la banda era proprio un ventenne ex collega, anche lui colpito dal licenziamento il quale dovrà così scontare un lungo periodo di detenzione lasciando a casa da soli i due piccoli fratellini di cui si occupava. La storia è potenzialmente drammatica ma il film no. Il clima è più simile a quello di una commedia pur toccando tasti molto delicati. L’accento è tutto puntato sulla solidarietà tra gli appartenenti alla cosiddetta classe media. Quelli che dopo una vita di lavoro onesto si sono costruiti una famiglia, una casa e una vita dignitosa. Purtroppo il film scivola su un eccesso di buonismo. Michel (licenziato poi rapinato e colpito fisicamente e moralmente proprio da colui col quale aveva condiviso le pene del licenziamento) anziché comportarsi da parte lesa arriva al punto da sentirsi in dovere di aiutare chi lo ha duramente ferito; sua moglie va ancora oltre e si offre di occuparsi dei due piccoli rimasti senza fratello maggiore. Sommersa più dai sensi di colpa che dalle botte subite, la famiglia di Michel mostra un’estrema bontà d’animo e una grande umanità. Per carità, sono sentimenti nobili, encomiabili, superlativi e del tutto desueti in questo mondo difficile ma nel racconto del film raggiungono livelli inenarrabili. D’accordo che gli stereotipi diffusi oggigiorno al cinema sono quelli della vendetta, dell’astio, dell’odio, della violenza eccetera ma questa volta si è raggiunto l’estremo opposto. Il buonismo straripante sfoggiato dalla famiglia di Michel arriva a toccare picchi insopportabili. Signori miei, tra i due estremi opposti non può esistere una sana e più realistica via di mezzo?
Voto: 6-