Cara Maggie Gyllenhaal, sei un’attrice adorabile e ti abbiamo apprezzato in molti film. Perché hai scelto un testo così impegnativo per la tua prima opera da regista? The Lost Daughter (La Figlia Oscura) è un romanzo di Elena Ferrante e non si presta facilmente ad una trasposizione cinematografica che gli sappia rendere il giusto merito. Probabilmente ti ha coinvolto perchè anche tu hai due figlie, come Leda del romanzo, e ti sei facilmente identificata con i suoi problemi ma non hai intuito la complessità della visualizzazione sul grande schermo di tali turbamenti. Il tema della condizione femminile è trattato in mille modi in numerosi film presentati alla Mostra del Cinema di Venezia 2021 e The Lost Daughter (in concorso per il Leone d’Oro) ne è un esempio. In questo caso la protagonista è una quarantottenne professoressa universitaria di letteratura comparata che arriva in un’isoletta greca per una vacanza. Dopo avere posizionato il telo di spugna sul lettino in spiaggia, Leda scorge una famiglia che si sistema sotto ad un ombrellone poco più avanti di lei. La visione di quella giovane mamma, con la figlioletta al seguito, risveglia nella protagonista alcuni ricordi del passato e rinvigorisce sensi di colpa tardivi per ciò che successe molti anni prima. Le due figlie di Leda oggi sono grandi: Bianca ha 23 anni e Martha ne ha 25. Il punto focale è che Leda non ha mai percepito la maternità come qualcosa di così totalizzante. L’istinto materno così potente della giovane osservata in spiaggia non è mai stato parte dell’intimo animo di Leda. In gioventù, infatti, si comportò con Bianca e Martha in maniera non convenzionale e non ne percepì mai il peso. In primo piano c’era la sua vita e non quella delle sue figlie. Il tardivo senso di colpa porta la protagonista a commettere, di nuovo senza pentirsene, un gesto che potremmo definire “contronatura”. Nonostante sia una storia raccontata da una donna, riguardante una donna e tratta da un romanzo scritto da una donna (sempre ammesso che Elena Ferrante non sia uno pseudonimo che cela un ghost writer di sesso maschile), l’argomento dei rimorsi per un carente istinto materno risulta difficile da mostrare per immagini in maniera credibile. Non bastano i continui flashback per raccontare il passato o gli infiniti sguardi di Leda sulla famigliola felice per evidenziarne gli intimi turbamenti. Il cinema può sfruttare anche altri espedienti narrativi che qui nessuno attua. Di conseguenza non ci si emoziona e non si rimane coinvolti anche in quelle situazioni che lo richiederebbero senza pietà. In un film tutto al femminile col cast composto da Olivia Colman, Jessie Buckley e Dakota Johnson, vediamo anche due uomini in piccole parti di contorno come Ed Harris e Peter Sarsgaard. In un breve cameo appare anche Alba Rohrwacher. Un consiglio: non uscite dalla sala prima di avere seguito lo scorrere di tutti i titoli di coda! Cara Maggie Gyllenhaal, questa volta ti concediamo un voto finale che raggiunge la sufficienza ma con grande generosità. Consideriamolo un giudizio di incoraggiamento e di stimolo. Per la prossima regia, però, ti aspettiamo al varco e pretendiamo un salto di qualità.
Cast: Olivia Colman, Jessie Buckley, Dakota Johnson, Ed Harris, Peter Sarsgaard e Alba Rohrwacher.
Vincitore per la miglior sceneggiatura alla 78° Mostra del cinema di Venezia con 21 film in concorso per il Leone d’oro.