DUNE di Denis Villeneuve


In principio Dune era un romanzo di Frank Herbert pubblicato a metà anni sessanta. Un racconto interplanetario complesso e articolato che fece da ispiratore e capostipite per molte sceneggiature di genere fantascientifico divenute film intramontabili, come l’intera saga di Star Wars. Durante gli anni settanta Dune incantò Alejandro Jodorowsky che ne avviò un progetto per un film faraonico rimasto, però, sempre e solo sulla carta (a tal proposito segnaliamo l’interessantissimo documentario Jodorowsky’s Dune che è nelle sale in questi giorni). Il decennio successivo venne il turno di David Lynch che riuscì a realizzarne un vero film, accolto con favore dal pubblico ma non dalla critica, con effetti speciali costosissimi e cast importante. Oggi Dune è diventato finalmente un film adulto grazie alla computer grafica e al genio visionario del regista canadese Denis Villeneuve. La primissima didascalia ci spiega che siamo davanti alla “parte prima” lasciando intendere che l’intenzione di proseguire non è irrealistica. Corre l’anno 10.191 e una guerra è in atto tra la casa Atreides e i terribili Harkonnen i quali governano – anzi, tiranneggiano – da ottant’anni l’inospitale, ma munifico, pianeta Arrakis. Un clima torrido, un terreno completamente desertico, la quasi totale mancanza di acqua e la presenza degli enormi e voracissimi vermi (nascosti sotto le sabbie) obbligano i pochi abitanti locali, i Fremen, a vivere sottoterra. Ma una grande ricchezza rende preziosissimo il controllo di quel piccolo pianeta, chiamato anche “Dune”: l’abbondante presenza di una risorsa naturale essenziale per la vita e per i lunghi viaggi spaziali ovvero la cosiddetta “spezia”. Gli Harkonnen, dopo vari decenni in cui si sono paurosamente arricchiti sfruttando i Fremen per estrarre e raffinare la spezia, decidono di lasciare il pianeta per permettere l’arrivo degli Atreides. Non è un gesto di buona volontà bensì una trappola in cui il Duca Leto Atreides (Oscar Isaac) decide di cadere insieme al prediletto figlio Paul (Timothée Chalamet). In realtà il racconto è complesso, articolato e pieno di sfaccettature; sembra ridicolmente riduttivo l’intervento di sintesi ma è, purtroppo, necessario. L’intero film, come il romanzo, è ben definibile come “racconto globale” per l’immensità dei temi trattati. Dalla geopolitica di una guerra tra due superpotenze per la conquista di una piccola terra ricca di risorse naturali ma con abitanti stremati, all’ecologia di denuncia per l’eccessivo sfruttamento del suolo. Dall’etica di un conflitto tra “buoni” e “cattivi” all’esoterismo di una spiritualità che non diventa religione ma affonda radici profonde nell’istinto primordiale. Dalla forza delle tradizioni familiari, alla determinazione per una rivolta popolare contro i soprusi dei tiranni prevaricatori. Nascosti da una apparentemente semplice storia di fantascienza, ritroviamo la vita umana attuale in tutta la sua complessa architettura. Un racconto di mezzo secolo fa, ambientato tra dieci millenni, perfettamente calato nella realtà che stiamo vivendo ancora oggi. In questo contesto, Villeneuve ha realizzato un film sontuoso. La durata di 155 minuti è importante e il racconto ne avrebbe meritati molti di più eppure non manca nulla. Attraverso immagini che racchiudono poesia, potenza, spiritualità, forza militare, umanità, sentimenti ed epicità si snoda un racconto che (per fortuna) potremo vedere sul grande schermo tra una manciata di giorni. Un rimarchevole pregio artistico è anche l’accurata descrizione per immagini dell’aspetto caratteriale di ogni personaggio. Ad esempio, quando il crudele Barone Harkonnen (un irriconoscibile Stellan Skarsgard) esce lentamente dalle acque oscure ricorda da vicino il colonnello Kurtz di Apocalypse Now e ne riporta alla mente le relative turbe psicologiche. Oltre alla visionarietà e al potere immaginifico di Dune vorremmo sottolineare l’importanza che Villeneuve concede all’aspetto onirico non inteso come fumoso e vago desiderio di raggiungere un obiettivo utopico ma come forza di preveggenza. Non a caso all’inizio, prima di ogni cosa, il giovane Paul Atreides esprime il concetto base: I sogni sono messaggi dal profondo.
Cast: Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Sharon Duncan Brewster, Stephen McKinley Henderson, Zendaya, Chang Chen, David Dastmalchian, Charlotte Rampling, Jason Momoa, Javier Bardem. Fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2021.

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