Jafar Panahi vinse l’Orso d’Oro al Festival di Berlino con Taxi Teheran. Un film molto coraggioso. Lui che sta scontando in patria una pena allucinante, osa sfidare i poteri forti del suo paese. Condannato alla prigione e al divieto assoluto di scrivere, produrre e girare film, Panahi non demorde e si “traveste” da tassista per realizzare clandestinamente l’ennesimo film anti-censura. Il film denuncia i soprusi del moderno Iran con l’espediente della raccolta di testimonianze dai passeggeri di quello strano taxi. Panahi è stato condannato per reati d’opinione in un paese (dichiarato da lui nel film stesso) secondo solo alla Cina per condanne a morte effettivamente eseguite ma nonostante ciò riesce a sorridere e ironizzare con apparente leggerezza proprio sugli argomenti che il regime Iraniano vorrebbe nascondere. Un plauso al regista capace di girare ugualmente con mezzi limitati e nascosti ciò che gli era stato vietato dal tribunale. Non è facile sintetizzare il giudizio con un voto secco. Meriterebbe un 10 pieno per l’ardire e per il contesto psico-socio-politico ma non si tratta di un film “classico” bensì di un pacatissimo gesto di disubbidienza civile. Più che un film di stampo tradizionale, si tratta di un cosiddetto “mokumentary” cioè di un finto documentario.
Voto: 6