L’ultimo film di Paolo Virzì, Siccità, è in parte profetico ed in parte escatologico. Ed è il film più metafisico ed attuale del prolifico regista toscano. Per di più contiene un intero universo di storie, di trame e temi. C’è tutto, forse troppo in una summa non teologica ma socio-esistenziale che raccoglie le paure, ansie e frustrazioni di una popolazione messa alle corde dalla mancanza di quell’elemento tanto semplice quanto essenziale che è l’acqua. Un melting pot di vite che partono da punti differenti per poi intrecciarsi e condividere un destino comune in un tempo che non ci è dato conoscere. Ci troviamo a Roma e dobbiamo affrontare un problema di enorme impatto: non piove da lunghissimo tempo. L’acqua pubblica è già razionata ma tra pochi giorni non verrà proprio più erogata. Il Tevere è completamente asciutto e in quello che era il suo “letto” ora ci si può camminare e lavorare con ruspe ed escavatori. La siccità scatena malattie nuove e devastanti che impattano sul corpo e sullo spirito di tutti. Come dichiarato dallo stesso Virzì, l’idea è stata sviluppata durante i recenti mesi di lockdown quando ci siamo tutti trovati all’improvviso rinchiusi e privati delle nostre più banali libertà. E allora cosa accadrebbe se, invece della libertà, ci trovassimo privi dell’acqua? Probabilmente verrebbero amplificate le nostre debolezze e meschinità. Il motto “andrà tutto bene” che cercava di infondere fiducia durante la pandemia potrebbe ribaltarsi. Gli americani etichetterebbero il film come “disaster movie” e non avrebbero torto. Per di più anche l’utilizzo della computer graphic per rappresentare il Tevere in secca non ha nulla da invidiare agli effetti made in U.S.A. (per una volta lo possiamo dire). Solo spettacolo? No, anche denuncia. Il vantaggio di un film corale in cui inserire molte storie è quello di poter toccare argomenti diversi e qui non ci si è certo risparmiati. Il maggiore impatto è quello dato dall’enfasi riservata alla disastrosa situazione dei rapporti interfamigliari tra scappatelle extraconiugali ed extra-gender (scusate il neologismo). Ma è ancora più pressante il nodo del cosiddetto patto tra generazioni quando la figlia del tassista Loris (Valerio Mastandrea) accusa gli adulti di avere distrutto l’ambiente ed avere, così, consegnato un futuro disastroso ai giovani. Non è tutto qui ma lasciamo anche il piacere di scoprire altro. Il cast è nutritissimo: oltre al già citato Mastandrea, troviamo Silvio Orlando, Elena Lietti, Tommaso Ragno, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Monica Bellucci, Diego Ribon, Max Tortora, Emanuela Fanelli e Sara Serraiocco. Se non bastasse, ci sono interventi anche di Massimo Popolizio, Paola Tiziana Cruciani e Gianni Di Gregorio. Il film era nella sezione “Fuori concorso” alla Mostra del cinema di Venezia 2022.