L’immensità di Emanuele Crialese

L'immensità di Emanuele CrialeseNel 1967 Johnny Dorelli e Don Backy cantavano questi versi struggenti:

Sì, io lo so, tutta la vita sempre solo non sarò. Un giorno troverò un po’ d’amore anche per me; per me che sono nullità, nell’immensità.

La canzone L’immensità scorre anche durante i titoli di coda dell’ultimo omonimo film di Emanuele Crialese. Sono parole che il regista di origini siciliane utilizza quasi come elemento criptato – ma non troppo – di espressione esistenziale per questo film di stampo autobiografico. Una famiglia siciliana, negli anni settanta, è composta da padre, madre (di origini spagnole) e tre figli. Adri(ana) è la sorella più grande, è un adolescente che tenta di farsi chiamare Andrea, tiene i capelli corti come un maschietto, indossa sempre la maglietta anche al mare e non accetta il suo corpo femminile. Il padre è un capo famiglia padronale, violento, maschilista, fedifrago e rigido come un palo di acciaio. La madre è combattuta ma dolcissima, addolorata ma comprensiva, succube del marito ma con profonda comprensione per i dubbi esistenziali della giovane Adri con la quale mantiene un rapporto di intima connessione. In un’elegante atmosfera da anni settanta, grazie anche ai costumi di Massimo Cantini Parrini, L’immensità esplode come un canto di libertà sia di espressione che di esistenza. Una libertà ottenuta dopo il passaggio attraverso lunghi tunnell di buio, allegoricamente mostrati nella scena in cui i tre bambini, insieme ad amici, si calano nel sottosuolo alla scoperta di qualcosa di misterioso e smarrendo, invece, la via di uscita. Crialese cerca, e trova, la chiave giusta per trasporre sullo schermo i ricordi della sua gioventù, sceneggiandoli ma senza edulcorazioni nè melodrammi. Non è una biografia ma un film di finzione eppure nello sguardo della giovanissima Luana Giuliani (nel ruolo della protagonista “Adri”) c’è tutta la freschezza di una bambina mista al disagio di ritrovarsi in un corpo non sentito come “proprio”. La frizzantezza visiva delle immagini televisive in bianco e nero di Celentano, Raffaella Carrà e Patty Pravo si sovrappongono ai visi di Adri e della madre, donando un afflato molto pop ai sentimenti e alle frustrazioni emotive di entrambe. La magia della commistione realtà/finzione rende leggero anche ciò che grava come un macigno; la positività riesce ad emergere anche da ciò che ammazzerebbe un bue.

Il cast comprende Vincenzo Amato (alla quarta collaborazione con Crialese), la perfetta Penelope Cruz e la giovanissima e sorprendente Luana Giuliani. Il film era in concorso alla 79° edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

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