La bicicletta verde

La bicicletta verde

La bicicletta verde (Titolo originale: Wadjda). Forse non tutti sanno che l’Arabia Saudita è un Regno di quasi 30 milioni di abitanti, completamente privo di sale cinematografiche e con forti limitazioni dei diritti delle donne. Ancora oggi, nel 2013, solo gli uomini possono votare e guidare autoveicoli. In un paese come quello saudita una donna-regista (Haifaa Al-Mansour) è riuscita a scrivere e girare un film su una ragazzina di 11 anni il cui unico sogno è quello di comprarsi una bicicletta! Il film fu presentato alla Mostra del cinema di Venezia nel 2012 ed uscì nelle nostre sale nel mese di dicembre dello stesso anno. Un film che potremmo definire di denuncia anche se il racconto sembra procedere solo in punta di piedi. L’impressione è esattamente quella di camminare sulle uova. La scuola coranica frequentata dalla piccola Wadjda è integralista. La sequela delle raccomandazioni (anzi, imposizioni) dirette alle giovani studentesse fa rabbrividire. L’approccio della regista saudita è, tuttavia, talmente distaccato ed asciutto che porta ad una sola considerazione. Haifaa Al-Mansour sembra volerci dire: io non esprimo giudizi morali ma descrivo solo le situazioni. Lascio a voi spettatori la valutazione di quanto mostrato dalle immagini. Un argomento scottante, una ferita tuttora aperta e sanguinante. Un paese in contraddizione con sè stesso, sospeso tra medioevo e modernità. Un film girato da una donna su una storia di donne in un paese in cui (citiamo Amnesty International): “Alle donne è tuttora proibito viaggiare, avere un lavoro retribuito, accedere all’istruzione superiore o sposarsi senza l’autorizzazione di un uomo che abbia la potestà su di loro”.

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