Il Primo Anno

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Il regista francese Thomas Lilti scrive e dirige Il Primo Anno (Première Annèe) rimanendo fedele al tema già trattato nei suoi due precedenti film ovvero quello relativo alla professione medica. Dopo avere raccontato le difficoltà di un giovane tirocinante in Ippocrate del 2014 e dopo avere denunciato le falle del sistema sanitario francese in Il medico di campagna (2016), ora Lilti fa un passo indietro nel tempo e ci catapulta sui banchi di quell’Università in cui inizia la formazione della futura classe di chirurghi, farmacisti, odontoiatri e professioni assimilate.

Il Primo Anno è un film nato due anni fa ma uscito in Italia solo lo scorso 3 settembre, distribuito da Movies Inspired.

Per realizzare questo lungometraggio, Lilti ha attinto dai ricordi personali (lui stesso frequentò “Medicina” all’Università) ma non si è accontentato; per poter dipingere fedelmente la realtà di oggi, è tornato fisicamente nell’Aula Magna ed ha intervistato i giovani aspiranti medici, intenti a ricercare disperatamente un posto nel corso di studi tanto desiderato.

Il numero chiuso ha fortemente intensificato la competizione tra gli aspiranti universitari e ne ha aumentato lo stress.

Le domande poste esplicitamente sono queste: è giusto selezionare fin dal principio le persone che si dimostreranno capaci di sopportare la pressione psicologica a cui la futura professione medica li sottoporrà? È giusto dare la priorità alle doti caratteriali piuttosto che a quelle intellettuali? Le risposte vengono lasciate agli spettatori; ognuno le valuterà in base alla propria sensibilità.

L’intenzione di Lilti è palese: buttare il sasso nello stagno per smuovere le acque e vederne gli effetti. Non mancano anche altre caute invettive al sistema scolastico come la spinta verso una cultura meramente nozionistica a scapito di una che aiuti a stimolare analisi critiche.

In sintesi, stiamo parlando di un film “politico”, anche se è incartato in forma di commedia. Proprio per questa caratteristica è stato scelto dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani come Film della critica. Sarebbe sbagliato e ingiusto etichettare il film con una semplice denominazione. Commedia? Dramma? Film di denuncia? Documentario? Nulla di tutto questo ma, al contempo, tutto insieme. La leggerezza di una commedia che mostra il dramma della pressione (a volte insopportabile) a cui i giovani sono sottoposti, in un film-non-film in cui sono inserite anche brevi interviste palesemente non-fiction. Non ci sforzeremo di catalogare rigidamente tutto questo perchè sarebbe una fatica vana e inutile.

La storia prende il via dall’amicizia tra Antoine e Benjamin (interpretati da Vincent Lacoste e William Lebghil) ovvero due studenti alle prese con la preparazione durissima per l’esame di ammissione alla facoltà di Medicina: duemilacinquecento candidati per trecentocinquanta posti. Conosciutisi proprio tra i banchi universitari, i due ragazzi, dai background differenti, decidono di studiare insieme per prepararsi al meglio.

Uno è al terzo tentativo mentre l’altro è appena uscito dal Liceo, uno è spinto dalla tradizione famigliare ma l’altro è motivato solo dalla sua determinazione, uno è benestante mentre l’altro è più modesto. La differenza maggiore, però, è quella caratteriale: uno è instancabile, lucido, forte e caparbio mentre l’altro si dimostrerà più fragile e psicologicamente debole. La loro amicizia sarà determinante per aiutarsi reciprocamente in quel percorso arduo e faticoso.

In novanta minuti si riflette sulla realtà attuale, sulla competitività spinta all’eccesso e sulla reale utilità di tale dura e cruda circostanza. Starà alla coscienza di ognuno la risposta se tutto questo sia eticamente corretto e accettabile. Il finale del film? Un po’ telefonato e poco realmente credibile.

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