Fino a prova contraria (True Crime) è un thriller diretto, prodotto e interpretato da Clint Eastwood ed è basato sull’omonimo libro di Andrew Klavan. Il giornalista Steve Everett, che scrive per l’Oakland Tribune, deve sostituire una giovane collega per intervistare un condannato a morte poche ore prima della sua esecuzione. Everett intuisce che il ragazzo incriminato può non essere il colpevole dell’omicidio di cui è accusato ed ha meno di un giorno per dimostrarlo. Sarà una frenetica corsa contro il tempo per cercare di evitare una ingiusta condanna. Tra gli altri interpreti spicca il nome di Bernard Hill nella parte del direttore del carcere di San Quintino, teatro dell’esecuzione. Siamo nel campo “classico” di Clint Eastwood ovvero quello dei personaggi tutt’altro che perfetti ma coraggiosi e intrepidi, senza timore di lanciarsi in mirabili e provvidenziali imprese. Il giornalista Everett ha (avuto?) seri problemi con l’alcol e con la famiglia ma non esita ad impegnarsi a fondo per indagare sul caso che ha portato alla condanna a morte di Frank Beechum. In meno di ventiquattro ore diventa necessario appurare se i sospetti di Everett siano fondati o no. Il tempo è decisamente tiranno e rende avvincente il susseguirsi degli eventi. Tra critiche al perbenismo e frecciate ai moralismi imperanti, il tutto scorre rapido senza mai annoiare. Cardine dell’intera vicenda è l’interrogativo sulla effettiva efficacia della pena capitale. Siamo sicuri che lo Stato americano non sia colpevole di avere tolto la vita a innocenti? Nessuno lo chiede in modo esplicito nel film ma tutti lo possono chiaramente leggere tra le righe della sceneggiatura. Anche accenni alla questione delle discriminazioni di stampo razziale sono presenti. Parliamo solo di brevi riferimenti ma tuttavia importanti e altrettanto pesanti nella struttura del film. Il protagonista è doppiato, nella versione italiana, dalla sua voce “ufficiale” e storica ovvero quella di Michele Kalamera.