A Dangerous Method di David Cronenberg con Viggo Mortensen (Sigmund Freud), Keira Knightley (Sabina Spielrein), Michael Fassbender (Carl Gustav Jung), Vincent Cassel (Otto Gross) e Sarah Gadon (Emma Jung). In Europa nei due decenni che precedettero lo scoppio della grande guerra nacque la psicanalisi. Sigmund Freud teorizzò per primo la terapia delle parole e Carl Gustav Jung, sempre per primo, la applicò sul campo per curare l’isteria di una colta ragazza russa: Sabina Spielrein. La nuova terapia ottenne la piena guarigione della ragazza ma con un inaspettato effetto collaterale. Jung si innamorò della sua paziente. Sposato e con la moglie incinta, Jung controllò le sue pulsioni respingendo delicatamente le avances della Spielrein. L’incontro con Otto Gross (un irriconoscibile Vincent Cassel) lo convinse a dare libero sfogo alla passione ed iniziò allora a cornificare la moglie. Due azioni inappropriate in un colpo solo: il rapporto medico-paziente che prende una piega non consona alla deontologia professionale e la moglie, consapevole fin dall’inizio, che viene tradita per anni. Sabina Spielrein mostrò gradatamente attitudini molto particolari e, una volta guarita, accettò di diventare – oltre che amante – anche assistente del Dott. Jung. Spinta da lui a frequentare l’università, si laureò diventando lei stessa una psichiatra. Due menti così affini come quelle di Jung e Freud si incontrarono iniziando una collaborazione che sarebbe sfociata, man mano, anche in una competizione a distanza. Non c’è dubbio che immaginare e tradurre in immagini il rapporto tra i due padri della psicanalisi sia un’operazione non priva di fascino. Cronenberg ha ricostruito il periodo storico in questione (primi del 1900) con cura e dovizia di particolari. Gli interpreti sono, dal canto loro, perfettamente in parte. Il risultato finale è molto attraente.
Voto: 7